Nino Sansone
Ciro De Novellis –E suonne mariuole- Poesie napoletane ed. Gaeta lire 6000
La poesie del De Novellis è poesia a procedimento descrittivo che vista in sede semantica ha funzionalità concettuali permanenti nel fuoco dell’abisso dei vari motivi del dire: del dire che cosa?
Le cose che non vanno ai giorni d’oggi e che sono tante, funzionalità ontologica per quel bisogno che ha l’uomo di appellarsi in ogni sua azione alla volontà del divino o del fato: che in ogni caso è il Dio che guida l’uomo come guida il De Novellis nella musicalità d’un verso tutto soggiacente ad una necessità di comunicazione dell’intimo per una spinta di vedute particolari nuove od altro.
Con la raccolta ‘E suonne mariuole il De Novellis ci ha voluto dare l’assunto d’una sua ideazione che vaga non nel fantastico e nell’astratto inutile d’alcuni, ma, come il Valery nel suo, giro permane si muove si ferma si scavezza nel tessuto del visto del sentito del sofferto: quindi effusione lirica poesia fatta non d’incanti o d’altre fissità celebrali o di maniera ma segno sibillico profetico che gironzola nei fatti che viviamo che soffriamo in tutte le ore negli spazi più vari del mondo: posto della Terra.
Posto della Terra che in questo caso è Napoli nei suoi andirivieni di popolo di famiglia d’ambiente d’accidenti semplici come semplice è il tutto dove c’è mare dove c’è cielo dove c’è la natura dell’integrità della sua arte ispiratoria (gemmazione di nuovi fiori di altri frutti) natura tutta integra e composita che impone le sue pretese di bellezza e d’amore per se e per ognuno.
La dosatura lessico – dialettale dei versi da un che di “suspence” a chi intende calibrare il rito nella sua tenuta giusta (saldatura teoria segno teoria linguaggio – suono) ‘Ah si nu fosse timmido / su nu tenesse scuorno / si inzomma … / proprio perché lascia istanti di dubbio, dubbio che scompare dove ‘so fattarielle ‘e niente ‘che da in se la possanza della vibrazione allegorica del se e del niente che è il tutto nel mondo poetico del De Novellis.
Il De Novellis sulla scia di illustri suoi predecessori, non sull’orma grigia di un gracile sentimentalismo pietistico criptopoetico vernacolare che ha reso quasi meccanica un’onda che si protrae dal seicento con fastidioso e sistematico plastico d’afflato lirico in una rigorosità sintattico -grammaticale di programmi e di riabilità (mi si perdoni il ripetersi dell’astratto, ma tanto si presume che sia o debba essere quale soluzione enfatizzante del suono e del segno).
Riabilitazione per il “fatto” l’ “atto dell’errato e per il conseguente essere corretto (funzione espiatoria del soggetto) d’ognuno (oggetto) che ha il coraggio e la povertà di definirsi “puete” e l’avventura di dichiararsi declamarsi uomo nella religiosità d’un credere in Dio che non è più in tutti: schiacciato soppresso dalla corruzione e dal vizio.
Valga l’occasione per entrare nel discorso prefatorio di Raffaele De Novellis (nostalgia e tenerezza albergano nella onesta e serena poesia …) mirante, quale tesi conciliatoria, al sovvertimento d’adesioni aderenze o altro: occasioni tante che è il fluire del tempo “tempus mentis” come “ars dicendi” della poetica del De Novelli: magia d’astrazioni, problematica dell’esistere e visualità del reale: conciliante vertente al tenero come al nostalgico (temporibus illis).
La tenebra nella tematica de “E suonne mariuole” è uno scontrarsi d’intuiti e di propositi (giustizia – marioleria) nella saturazione d’un antefatto di vita “a silita rotta / …” e d’una conciliabilità al soccombere e al non assistere inerte.
Domande d’esigua ragione d’enigmatica rotta: richiesta metaforica di salvezza di miracolo di sogno? Bisogno metafisico di nuove stelle? Si, è il dire nel dire, è la risposta da darsi e che non sorprenda chi ha altri interrogativi, altr’intuiti perché i De Novellis a tale sintagma ha voluto alludere ‘tu duorme, a chi guarde? ‘… ma chi te canosce?
Nella personalità sua (di Ciro) v’è un’anima catartica purgatoriale che aspira non all’infinito dei sogni ma al che i rapporti umani abbiano la corrispondenza della schiettezza e lo stile dell’onestà timorosa titubante verginale come di chi non tenta neppure al farsi grande e lo scopo suo unico debba essere il vivere a parte nell’estasi del piccolo del minuto direi dello “picciolo” di quello che oggi non più si vede. Timore reverenziale verso i grandi, rispetto all’entità psichica degli altri?
Si (dignità del mistero e del merito); ma mai, mai vanagloria o incenso manicheo fittizio e inutile per chi, nella languidezza dei sentimenti di se: narcisismo pestilenziale, ne voglia o ne abbia bisogno. Per tracciare un profilo risolutivo diagnostico estetico dell’opera del De Novellis è bastante sovvertire gl’intuiti ed escatologicamente interrogare i Maestri perché il De Novellis soffre in Cristo nella speranza e non vaneggia nella casistica dell’uomo.
Nino Sansone